Nel corso della pandemia da COVID-19, le mascherine chirurgiche sono diventate uno degli strumenti più dibattuti e utilizzati per limitare la diffusione di virus respiratori. Nonostante la loro diffusione, persistono domande sulla reale efficacia di questi dispositivi nel proteggere chi li indossa. Comprendere il ruolo biologico e sociale di questa tipologia di mascherina richiede un’analisi basata su dati scientifici e una distinzione chiara tra la protezione offerta a chi la indossa e quella fornita agli altri.
Funzionamento e limiti della protezione individuale
Le mascherine chirurgiche sono nate per proteggere l’ambiente circostante e non chi le indossa. Tradizionalmente utilizzate in ambito sanitario, come nelle sale operatorie, la loro funzione primaria è impedire al personale medico di trasmettere batteri e virus ai pazienti durante le procedure invasive. Da qui nasce la cosiddetta “protezione verso l’esterno”: la mascherina trattiene buona parte delle particelle emesse attraverso il respiro, la tosse o lo starnuto, riducendo il rischio di contaminazione dell’ambiente circostante e delle persone vicine.
Tuttavia, numerose fonti autorevoli confermano che la mascherina chirurgica fornisce una protezione limitata a chi la indossa. Diversi test di laboratorio, incluso uno svolto dal CDC statunitense, hanno mostrato che una mascherina chirurgica standard blocca solo circa il 7,5% delle particelle prodotte durante un accesso di tosse simulato se non perfettamente aderente al volto. Adottando particolari tecniche di adattamento, come il cosiddetto “knot and tuck”, la protezione può salire a circa il 65%. Se sovrapposta a una mascherina di tessuto, la protezione può arrivare persino all’83%.
Un importante studio condotto in Giappone ha rilevato che le mascherine chirurgiche offrono una protezione tra il 47% e il 50% rispetto alle particelle infettive, un dato superiore a molte mascherine di cotone (17-27%) ma nettamente inferiore rispetto ai dispositivi FFP2 e FFP3, che arrivano a sfiorare la barriera del 90% se indossati correttamente.
Il principio di protezione reciproca
Il vero punto di forza della mascherina chirurgica risiede nel concetto di protezione collettiva; se tutti indossano la mascherina, la catena di trasmissione del virus si interrompe più efficacemente. Indossandola, particolarmente in ambienti chiusi e affollati, ciascuno riduce la sua capacità di infettare le persone vicine, anche in caso di asintomaticità. Questo meccanismo, noto come protezione altruistica, rappresenta la ragione principale per cui le autorità sanitarie hanno raccomandato l’utilizzo diffuso delle mascherine chirurgiche durante la pandemia.
Quando anche una sola persona infetta indossa la mascherina, la quantità di particelle potenzialmente infettive emesse nell’aria si abbassa notevolmente. Se tutti i presenti sono protetti, il rischio di trasmissione si riduce drasticamente. Tuttavia, la protezione non è mai totale e dipende da fattori aggiuntivi come la vestibilità, la corretta aderenza sul volto e la qualità della mascherina.
Tipi di mascherine e confronto
- Mascherine chirurgiche: Offrono una discreta protezione verso l’esterno (dal portatore all’ambiente) ma proteggono solo parzialmente chi le indossa, soprattutto se non perfettamente aderenti.
- Mascherine FFP2/FFP3: Sono progettate per filtrare sia l’aria inspirata che quella espirata, proteggendo in modo efficace chi le indossa e le persone vicine, soprattutto se indossate in modo corretto.
- Mascherine in tessuto: La protezione varia ampiamente e dipende dai materiali e dalla struttura; di norma, offrono una protezione inferiore sia rispetto alle chirurgiche sia alle FFP2/FFP3.
Le mascherine FFP2 e FFP3 sono, secondo gli studi, la scelta ideale per la protezione individuale in ambienti a rischio elevato, grazie alla loro capacità di filtrare anche le particelle più piccole. D’altra parte, l’uso della sola mascherina chirurgica offre una protezione insufficientemente elevata per essere consigliata come strumento unico nei contesti ad alto rischio di contagio.
Contesto di utilizzo e indicazioni pratiche
Il contesto nel quale si indossa la mascherina chirurgica è fondamentale per valutarne l’efficacia. In ambienti sanitari, il suo ruolo è vitale per proteggere i pazienti da possibili infezioni portate dal personale. Nella vita quotidiana, rappresenta invece uno strumento utile se utilizzato da tutti, ma non sostituisce altre misure di prevenzione come il distanziamento, la ventilazione degli ambienti e l’igiene delle mani.
Una mascherina chirurgica funziona al meglio quando viene indossata correttamente, coprendo naso e bocca, e cambiata frequentemente. La perdita di aderenza al volto può ridurre significativamente la protezione, lasciando passare particelle laterali o dal bordo superiore. Adottare tecniche di regolazione come i nodi sugli elastici o la sovrapposizione con una mascherina in tessuto può migliorare la vestibilità e aumentare il livello di protezione.
Utilizzo raccomandato
- In ambienti poco affollati o all’aperto, dove il rischio di contagio è basso, la mascherina chirurgica può essere sufficiente.
- In luoghi chiusi, affollati o in situazioni con presenza di soggetti a rischio, è consigliabile preferire dispositivi come la FFP2 o superiori.
- È essenziale indossare la mascherina in modo corretto e continuare a rispettare tutte le altre misure igieniche.
Alcune indicazioni, come quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, sottolineano che le mascherine sono parte di una strategia più ampia di controllo della trasmissione virale e non vanno considerate come una barriera unica o invincibile. L’OMS raccomanda sempre di integrarne l’uso con igiene e distanziamento.
In definitiva, la verità sull’efficacia della mascherina chirurgica è che rappresenta uno strumento utile soprattutto all’interno di una strategia collettiva. Offre una protezione moderata a chi la indossa, maggiore se combinata con altre barriere o tecniche di adattamento, ma è decisamente più efficace per ridurre il rischio di trasmissione dall’individuo malato alle persone sane. Per la protezione personale in presenza di rischio elevato, rimangono preferibili i dispositivi di tipo FFP2 o FFP3. Scegliere e utilizzare correttamente la mascherina più adatta al contesto resta il metodo più efficace per ridurre la diffusione di agenti patogeni a trasmissione respiratoria.